Lettrice

Cappuccetto rosso deve piangere: perché dovrebbe essere obbligatorio leggerlo

Io ho un debole per Cappuccetto Rosso, anche se il mio debole nulla ha a che fare con la favola originale. Forse è stato il titolo a far finire questo libro nella mia lista dei desideri e oggi sulla mia libreria, o forse ci è finito per caso.
Come sempre non ricordo perché in un certo momento della mia vita ho inserito nella wishlist questo titolo. Potrei averne letto una recensione su una rivista o potrebbe essermi passato tra le dita nella breve parentesi in cui lavoravo in biblioteca o potrei averne letto la quarta di copertina in una libreria. Non lo so, non me ne ricordo. Difficilmente però un libro che ho messo nella mia wishlist mi ha deluso.
La mia passione per Cappuccetto Rosso nulla centra con innocenti fiabe, è più un ricordo connesso a contesti tutt’altro che infantili. C’entrano lupi cattivi e ragazzine innocenti, così come capi di abbigliamento rossi, ma di questo parleremo un’altra volta. O forse mai.
È da questa passione che poi mi sono innamorata di Valentina Lupi e del suo album che manco a dirlo si intitolava “Non voglio restare Cappuccetto Rosso”.
Cappuccetto Rosso deve piangere viene classificato come romanzo di formazione, destinato a lettori giovani. Credo sia limitativo. Io lo ho letto a quasi 35 anni, ben formata, e mi ha rovesciato lo stomaco e l’anima. Non so se l’avrei retto in pre-adolescenza o semplicemente se ne avrei colto la profondità.
È un libro che pare non esser un bestseller, e invece dovrebbe. Ma è il suo tema a tenerlo distante dalla popolarità. Nessuno vuole sentir parlare di certe cose. E invece dovremmo. Dovremmo voler sapere, dovremmo avere chiaro quale sia la cosa giusta da fare.
È un libro importante per capire certe dinamiche, per imparare a proteggersi, per scoprire come sia fondamentale parlare. La protagonista è una ragazzina moderna che non vede l’ora di crescere e andarsene. Come sono tutte, come eravamo tutte. È una Cappuccetto Rosso contemporanea, che non attraversa boschi ma viali trafficati in sella alla sua bicicletta. Porta il cestino al nonno, invece che alla nonna. E il lupo c’è ma si chiama nonno. C’è anche un giovanissimo cacciatore pronto a salvarla, non con un fucile ma con la speranza.
Una storia agghiacciante. Una nipote nelle grinfie del nonno-lupo con il codardo beneplacito della nonna, poi mancata, e con l’indifferenza di un’intera famiglia. Un racconto difficile da mandare giù eppure ti tiene inchiodata notte dopo notte perché vuoi sapere, perché vuoi capire, perché vuoi giustizia.
È vero che fa male da leggere queste cose, eppure nostro malgrado lì fuori ci sono ragazzine che vivono storie così davvero, piccole donne smarrite che hanno bisogno di conforto e di coraggio. Non è certo solo rivolto alle giovani donne, è un libro che ha qualcosa da dire a tutti e che dovrebbe certamente esser rispolverato.

Lo avete letto? Cosa ne pensate?

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