Scrittrice (aspirante)

L’abito non fa il monaco

Passeggiava lungo la via con la sua pochette di raso rosa shocking e i tacchi altissimi, i grandi occhiali da sole a mascherina coprivano il trucco pesante e gli occhi tristi, mentre le labbra imbronciate le davano quell’aria da donna che non deve chiedere mai. In fin dei conti era una star ed era come volevano fossero i suoi fan, i suoi amici, il suo agente. Una donna appariscente, originale, forte.
La realtà era ben diversa. Dietro tutto quel trucco di lusso, quegli occhiali che non doveva acquistare, gli abiti degli stilisti più in vista e le scarpe regalate dai brand più chic, c’era una donna fragile ed insicura, c’erano un mare di problemi di coscienza e di vita. Doveva essere in un modo per vendere, per cavalcare quell’onda di successo, per compiacere chi la immaginava così.
Se avessero visto la vera lei, non sarebbe mai stata la cantante più popolare corteggiata dalle televisioni e dalle radio di tutto il mondo per un’intervista di pochi minuti, il suo agente non sarebbe potuto girare a bordo di una Lamborghini e la sua famiglia non avrebbe una deliziosa villetta sul lago di Garda.
Tutti le dicevano che era fortunata, che avrebbero voluto essere al suo posto. Lei si chiedeva solo se non avesse dovuto rinunciare un po’ troppo alla sua anima, al suo essere, alla sua vita per poter cantare. Era una cosa che le piaceva, che le dava serenità, oggi era un lavoro, bello niente da dire, ma non era così che se l’era immaginato.
Lei voleva una vita tranquilla, cantare certo, ma non essere additata ad ogni angolo, non costretta a frequentare gente che non conosceva o con cui non stava bene solo per marketing e non voleva fingere di ubriacarsi o di scappare alla polizia perché finire sui giornali di gossip era pubblicità. Il toy boy che le appioppavano per fare un po’ di scoop non era l’uomo semplice da cui avrebbe voluto avere dei bambini e quel modo di vestire era per lei volgare e inadatto alla sua anima.
Paura e timidezza erano sparite grazie a qualche bicchiere prima dell’esibizione live, ora il cicchetto era diventato un’abitudine quotidiana per non ricordarsi chi era e che quel mondo non le apparteneva. La fragilità usciva dal suo corpo e dalla sua mente attraverso il bruciore dell’alcool nel suo stomaco e l’annebbiamento dei pensieri. In questo modo forse sarebbe riuscita a uscire da quel mondo, a ritirarsi in un piccolo casolare in campagna e a costruirsi una vita più simile a quella che aveva tanto desiderato.

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